(Rough) Translator

30 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Final Episode: Size and Style of the New Spinosaur

Post conclusivo della serie dedicata alle nuove scoperte relative a Spinosaurus.
Il nuovo esemplare riferito a Spinosaurus ha permesso non solo di rivalutare l'enigmatico "Spinosaurus B" ma anche di raffinare le controverse stime sulle dimensioni di questo dinosauro. Il nuovo esemplare include varie ossa confrontabili sia con l'olotipo di Baryonyx che con l'esemplare originario descritto da Stromer (1915). Le dimensioni delle ossa comparabili sono intermedie tra quelle degli altri due esemplari. In particolare, sia il quadrato che le vertebre presacrali indicano un animale con una dimensione lineare di circa 140% dell'olotipo di Baryonyx, e circa 85-90% dell'esemplare di Stromer. Ibrahim et al. (2014) stimano il nuovo esemplare in circa 11 metri di lunghezza, un valore che confermo anche io dalle mie stime. Questo risultato ci permette quindi di stimare l'esemplare di Stromer come lungo circa 12-13 metri (come sempre, pretendere valori più precisi in assenza di scheletri completi è ridicolo). Le dimensioni per il famoso rostro milanese sono più difficili da stimare, dato che nessuno degli esemplari citati prima ha ossa comparabili con il rostro MSNM V4047. Tuttavia, anche nelle più estreme stime che ipotizzano l'esemplare milanese come pari a 120% dell'esemplare olotipico (stima che è poco plausibile, considerando che l'overbite e la condizione chiaramente longirostrina per Spinosaurus generino sovrastime qualora sia assunta isometria tra le proporzioni dei vari esemplari: io considero più plausibile un valore attorno al 105-110%), è altamente improbabile che l'esemplare milanese appartenga ad un animale lungo più di 14-15 metri. Analogamente, le nuove proporzioni corporee, in particolare la conferma che il torace è allungato ma non particolarmente ampio e profondo, e le ridotte dimensioni degli arti posteriori rispetto a theropodi di dimensioni vertebrali comparabili, indicano che le stime di massa per Spinosaurus siano inferiori a quelle ipotizzate per altri grandi theropodi. Una stima di 6-7 tonnellate per i più grandi esemplari di Spinosaurus è quindi la più plausibile (Maganuco, pers. com.). Possiamo finalmente e definitivamente seppellire l'ipotetico "super-spinosauro" di 17-20 metri di lunghezza e dozzine di tonnellate che per un decennio ha imperversato la rete. Ovviamente, questo risultato non mi sorprende, e non dovrebbe stupire i lettori abituali di questo blog.

La conclusione del post (e della serie) è tuttavia dedicata alle scoperte più interessanti ed intriganti relative a Spinosaurus.
La prima è risultata dall'analisi non-invasiva del rostro milanese, tramite metodi di tomografia assiale computerizzata. L'interno del rostro presenta un complesso sistema di ramificazioni che sboccano nella fitta rete di forami presenti nella superficie esterna della rosetta premascellare. Questo network è riconducibile al tracciato del ramo mascellare del nervo trigemino, ed in analogia con quanto noto nei coccodrilli (e recentemente, nei plesiosauri) è interpretabile come un raffinato sistema sensoriale, di tipo tattile, funzionale in ambiente subaqueo. Questa scoperta conferma l'ipotesi che Spinosaurus immergesse abitualmente il rostro in acqua e che, indipendentemente dalla torbidità e luminosità delle acque, fosse in grado di captare informazioni relative all'ambiente circostante (prede, ostacoli).

Elaborazione delle scansioni interne del rostro milanese di Spinosaurus (c) Museo di Storia Naturale di Milano
Un'ulteriore conferma di un adattamento spinto all'ambiente acquatico (rispetto agli altri theropodi, compresi gli altri spinosauridi) è risultata dall'analisi istologica delle ossa del nuovo esemplare. Oltre a indicare che quell'animale aveva circa 15-19 anni al momento della morte, le sezioni trasversali delle ossa di questo esemplare di Spinosaurus mostrano una caratteristica unica nei theropodi mesozoici: la cavità interna delle ossa era estremamente ridotta. Il significato adattativo di questo fenomeno meriterà ulteriori studi, tuttavia, l'ipotesi più plausibile deducibile dai confronti con gli altri vertebrati (non solo dinosauri) è che la riduzione della cavitazione interna delle ossa sia un adattamento acquatico, in quanto conferisce una maggiore densità e stabilità allo scheletro quando immerso in acqua. Fenomeni analoghi sono difatti documentati in altre linee di vertebrati semi-acquatici, dai pinguini ai proto-cetacei, oltre che in numerosi cladi di rettili acquatici.

Uniti alle già note evidenze (quali l'arretramento della narice esterna, lo sviluppo del palato secondario, la forma e ornamentazione della dentatura, i risultati delle analisi isotopiche sulle ossa degli spinosauridi, ed i resti di pasto) queste nuove scoperte confermano e rafforzano l'ipotesi che Spinosaurus non fosse soltanto l'ennesimo grande theropode con qualche bizzarra caratteristica aberrante, ma piuttosto la forma di adattamento acquatico più spinta nei theropodi non-aviali.

25 settembre 2014

Coming Soon: Spinosaurus Revolution, Final Episode: Size and Style of the New Spinosaur

Brainstorming attorno a MSNM V4047. Da sinistra, Dawid Iurino, Fabio Manucci, il vostro blogger, Lukas Panzarin e Simone Maganuco.(Foto di Anna Giamborino)

23 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Offtopic 2: Scienza, Fede e Miscredenza nello Spinosauro Quadrupede

Nel precedente post, ho criticato un approccio a mio avviso “superficiale” nel sollevare critiche ad alcune parti del controverso articolo di Ibrahim et al. (2014). Siccome ho rimarcato per tutti questi giorni (e post) che la mia posizione in questa controversia è “neutrale” ed “agnostica”, il precedente post potrebbe aver dato l'impressione che alla fine io mi sia “schierato”, e che la mia posizione sia vicina a quella di Ibrahim et al. (2014), anche per questioni “personali”, dato che una parte importante di quel team di ricerca include persone con cui ho collaborato in passato e che considero amici anche fuori dal mero ambito di ricerca. Tale impressione è sbagliata.
In questo post, rimarco la mia posizione “terza” e “neutrale”, e non risparmio critiche in ciò che mi pare essere il punto più debole e controverso dello studio di Ibrahim et al. (2014).
La frase “ipotesi straordinarie richiedono evidenze straordinarie” è sovente ripresa in discussioni sulla pseudoscienza e la religione. Tuttavia, essa è prettamente un imperativo dello scienziato. La prudenza e la parsimonia non sono virtù solamente del filogenetista, ma devono essere un monito universale del ricercatore.
Ibrahim et al. (2014) propongono quella che, non penso di esagerare, è la più straordinaria (nel senso etimologico di “extra-ordinaria”, oltre l'ordinarietà) ipotesi proposta negli ultimi 25 anni per i theropodi mesozoici: l'esistenza di un theropode gigante semiacquatico e capace di assumere una locomozione quadrupede. Siccome theropodi giganti sono già noti (basta citare Tyrannosaurus) e theropodi semiacquatici sono già noti (basta citare i pinguini), la straordinarietà è tutta nell'ipotesi quadrupede. Straordinarietà che assume i toni della ultra-ordinarietà nel caso di un theropode quadrupede di quelle dimensioni.
Ad oggi, non esiste alcuna evidenza inequivocabile di postura quadrupede nei theropodi. Il clade è difatti costituito nella sua interezza da bipedi obbligati. Nessun theropode noto presenta arti anteriori e cinti pettorali dotati di qualche adattamento per una postura quadrupede. Una forma aberrante di “non-bipedismo” è presente nei pinguini che strisciano sul ventre, e ipotizzata per alcuni theropodi arboricoli ritenuti in grado di aiutarsi nell'arrampicata usando l'arto anteriore (in modo analogo a quanto osserviamo in alcuni uccelli attuali). Ma il vero quadrupedismo, ovvero una locomozione che appoggi anche sugli arti anteriori, attualmente non è documentata in Theropoda. Tale adattamento richiede modifiche sostanziali nell'arto anteriore e nel cinto pettorale, e nessun theropode mostra tali adattamenti, perlomeno non nella combinazione completa che permette la postura, andatura e locomozione quadrupede. Ciò “stona” con quanto osserviamo in altri dinosauromorfi, come Silesauridae, Ornithischia e Sauropoda, dove il quadrupedismo ri-evolve numerose volte a partire da forme bipedi.

Ibrahim et al. (2014) propongono una postura quadrupede per Spinosaurus come conseguenza dedotta dal risultato della loro ricostruzione scheletrica, e dalla simulazione digitale di tale ricostruzione. In breve, il loro modello anatomico risulta avere un centro di massa così sbilanciato anteriormente rispetto agli arti posteriori da richiedere un qualche appoggio supplementare, che nella loro interpretazione è dato dagli arti anteriori.
Tuttavia, a parte la loro simulazione virtuale, non esistono prove dirette, sui fossili, di questa postura. Le uniche ossa dell'arto anteriore rinvenute nell'esemplare di “Spinosaurus C” sono elementi della mano, in particolare una falange attribuita al secondo dito: nessuno di questi elementi è descritto ma, stando a quanto pubblicato, nessuna di queste ossa mostra alcun adattamento ad una postura quadrupede.

In associazione allo studio pubblicato su Science, Ibrahim et al. (2014) propongono, forse come puro gioco di simulazione, una animazione in computer graphic che mostra uno spinosauro che deambula in postura quadrupede appoggiandosi alternativamene sugli arti anteriori, in particolare appoggiando a terra a livello delle superfici estensorie delle falangi in parziale flessione (in breve “cammina sulle nocche”). L'animale piega spalle, gomiti e polsi e muove alternativamente le braccia durante la camminata. Tale ipotesi, che – ripeto – non è basata su alcuna evidenza diretta nei fossili (e quindi, a rigore, va chiamata “congettura” più che “ipotesi”) è in contrasto con alcuni principi generali osservabili negli altri dinosauri quadrupedi.

In primo luogo, quanto è plausibile, dal punto di vista biomeccanico, che un animale di 6 tonnellate (massa stimata per Spinosaurus adulto, Maganuco pers. com.) possa appoggiare la parte anteriore del proprio corpo sulle nocche delle mani? Il fatto che tutti i dinosauri quadrupedi mostrino una mano marcatamente modificata per una postura graviportale e che nessuno deambuli sulle nocche (specialmente quelli di grande massa, superiore alla tonnellata) è un forte indizio a sfavore di tale ipotesi. L'andatura “sulle nocche” è probabilmente inefficace e non sostenibile (non solo metaforicamente) per animali pesanti come un elefante africano adulto. In ogni caso, Ibrahim et al. (2014) non portanto alcuna evidenza diretta di tale postura e modifica nell'arto anteriore.
Notare che questo modello richiede un'andatura alternata dei due arti anteriori. Per permettere una tale alternanza nel moto delle braccia è necessario che la furcula, osso onnipresente in tutti i neotheropodi, sia perduta, dato che essa agisce come stabilizzatore dei due cinti pettorali. Pertanto, il modello di Ibrahim et al. (2014) fa una previsione testabile (e quindi è un'ipotesi scientifica, per quanto azzardata): Spinosaurus (secondo il loro modello) deve essere privo di furcula (ovvero, privo di clavicole fuse medialmente).
L'unica falange di Spinosaurus illustrata da Ibrahim et al. (2014) è di forma “classica” per un theropode, e ciò contrasta quindi con una funzione locomotoria diversa dalla solita prensione predatoria tipica della maggioranza dei theropodi.

Un secondo aspetto problematico, e che è stato la causa delle critiche più motivate e condivisibili a questo studio, è il fatto che questo modello digitale di Spinosaurus non sia testabile da terzi. L'articolo non fornisce il file informatico per poter analizzare la ricostruzione scheletrica, la quale viene “data” quando invece è, e va intesa come, una ipotesi essa stessa da testare.
Non conosco i motivi per cui il modello tridimensionale, una volta pubblicato su una rivista come Science, non sia reso scaricabile gratuitamente da tutti, per poter essere testato (e quindi, eventualmente, confermato oppure risultare non-conforme con quanto descritto nell'articolo). Per non apparire ipocrita, sottolineo che due mesi fa mi son trovato in una situazione analoga, pubblicando su Science, avendo una mole molto ampia di dati da includere come materiale per l'articolo di cui ero co-autore: abbiamo pubblicato l'intera lista di caratteri ed il dataset in formato di matrice (sia per analisi di parsimonia che per analisi Bayesiane) che ho preparato per l'articolo sull'evoluzione delle dimensioni corporee in Theropoda. Inoltre, nelle informazioni supplementari dello stesso articolo è spiegato in modo dettagliato tutta la procedura analitica che abbiamo seguito per ottenere quel risultato. Tutti questi dati, a sostegno della nostra ipotesi, sono scaricabili gratuitamente online, e chiunque può accedervi e testarli, controllando i caratteri, le loro definizioni e codifiche. Questo per dire che non è impossibile fornire a parti terze una grande mole di dati usata a sostegno di un articolo su Science. (E nessuno mi dica che un dataset di 120 taxa per 1549 caratteri elaborato siano meno laborioso del costruire un modello 3D di uno spinosauro!).

A questo punto, è bene rimarcare un punto fondamentale: indipendentemente dallo sviluppo futuro del progetto “Spinosaurus” del team di Ibrahim et al., ciò che è stato pubblicato due settimane fa è, da allora, di pubblico dominio. La scienza è condivisione libera, accesso ai dati, possibilità di controllo, replica dei risultati e verifica dei modelli utilizzati. Gli autori di una ricerca non hanno soltanto il diritto di fornire tutte le informazioni necessarie a produrre le conclusioni del loro studio: hanno il dovere di fornire tali dati. Non basta affermare che gli autori siano disponibili a dare ogni informazione richiesta, o ad anticipare successivi sviluppi dettagliati di ciò che hanno proposto nel loro attuale studio: occorre che tali informazioni siano rese accessibili ora a tutti coloro in grado di testarle. Il fatto che uno studio non permetta di includere tutti i dati a sostegno di un modello controverso non può, ovviamente, essere considerato una giustificazione o una richiesta di attesa da parte della comunità scientifica. Un'ipotesi richiede dei dati a sostegno, non una promessa di futuri chiarimenti. Anche se la fiducia verso gli autori di uno studio è valida fino a prova contraria, la scienza non può basarsi sulla fiducia, che è una forma di fede. La scienza è scettica, e richiede evidenze, non attestati di fiducia. Non fraintendete le mie parole: io ho assoluta fiducia nelle parole degli autori, e nella futura condivisione di informazioni dettagliate (in forma di monografia), ma questa fiducia non può essere usata come prova della validità di un modello, né come test della ripetibilità di un'ipotesi.
L'unica polemica allo studio di Ibrahim et al. (2014) che condivido è proprio questa relativa alla attuale non-replicabilità del modello proposto: la straordinarietà dell'ipotesi quadrupede richiede una straordinaria evidenza, o, in assenza di questa, impone una straordinaria trasparenza e condivisione dei dati.
Qualora questo modello fosse confermato da parti terze, gli autori di questo studio sarebbero finalmente riconosciuti da tutti come gli scopritori di una pietra miliare della paleontologia dei theropodi.

Mi auguro che questo aspetto problematico (sul piano scientifico e metodologico) sia risolto nel modo più chiaro e informativo. Confido che ciò avvenga.

22 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Offtopic: Spinosaur Paleobiology, more than just photoshopping images

Sono passati undici giorni dalla pubblicazione dello studio di Ibrahim et al. (2014) relativo a nuovi resti di Spinosaurus ed alle implicazioni di tale scoperta.
In questi undici giorni ho mantenuto un atteggiamento neutrale nei confronti della scoperta, evitando di “schierarmi” con le varie opinioni espresse online. Quando ho dissentito da alcune interpretazioni presenti nello studio, ho reagito con spirito costruttivo: proponendo un'interpretazione alternativa, la quale, comunque, restasse nell'alveo dei dati raccolti e studiati dagli autori, il cui lavoro è da ammirare e rispettare. La validità di questo atteggiamento è stata ulteriormente rafforzata e confermata quando, lo scorso giovedì, ho potuto parlare direttamente con Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco, tra gli autori dello studio, per esporre i miei dubbi e le mie incertezze su alcuni aspetti del loro studio. Simone e Cristiano hanno lavorato su questo nuovo fossile per cinque anni, ed assieme a Nizar Ibrahim sono le persone che, al mondo, conoscono meglio e nel maggiore dettaglio questo esemplare fossile. Chi meglio di loro poteva risolvere i miei dubbi ed incertezze? Le loro testimonianze dirette e le prove precise e dettagliate che mi hanno portato (sull'anatomia del fossile, sulla sua scoperta, sul suo grado di preservazione, sulla preparazione operata, sulle modalità di ricostruzione) mi hanno convinto (semmai ne avessi dubitato) che l'esemplare sia genuino, non sia una chimera tafonomica, e che le proporzioni bizzarre dell'animale, presenti anche in “Spinosaurus B” descritto da Stromer nel 1934, siano una proprietà biologica reale di Spinosaurus, e non un artefatto metodologico o – peggio ancora – un assemblaggio costruito ad arte.

La paleo-comunità online ha invece mostrato un atteggiamento in maggioranza critico – a tratti ostile – verso questa pubblicazione, in particolare su quello che, onestamente, ritengo la parte più secondaria e meno interessante dello studio: la ricostruzione scheletrica in postura quadrupede natante. Con tutte le informazioni eccitanti portate da Ibrahim et al. (2014), perché accanirsi su quello che, di fatto, è l'aspetto meno importante (ovvero, una ipotesi idiosincratica, ma pur sempre un'ipotesi)? Nei post precedenti, ho parlato delle implicazioni derivanti dai fatti portati da questo nuovo studio, ho discusso i contenuti scientifici e solo in seconda battuta ho analizzato alcune delle possibili interpretazioni dei risultati, cercando di non entrare nel pantano delle polemiche presenti online. E voglio continuare su quella strada.
Tuttavia, alla luce di alcuni episodi, sento qui il dovere di esprimere un commento articolato sugli aspetti “problematici” delle vicenda che più sono stati discussi in rete. Due episodi, collegati a questa nuova pubblicazione, mi hanno colpito per la loro inusuale virulenza, e per la curiosa somiglianza strutturale.


Ho letto dichiarazioni molto forti, quasi al limite dell'accusa di plagio, nei confronti delle opere di paleoarte realizzate da Davide Bonadonna nell'ambito della presentazione del nuovo studio su Spinosaurus. Davide, che è un professionista della illustrazione scientifica noto a livello mondiale, vincitore di numerosi riconoscimenti, inclusi 3 Premi Lanzendorf – ed un amico stimato che conosco di persona da cinque anni – ha dimostrato con chiarezza, con i fatti documentati prima ancora che con le parole, l'infondatezza di quelle “accuse”.
Nondimeno, ho potuto constatare come fosse stato facile, online, montare delle accuse e intentare dei processi contro le persone. Dopo tutto, è molto più facile e comodo digitare qualche accusa dietro una tastiera di computer piuttosto che documentarsi, informarsi, e contattare i protagonisti degli eventi per chiedere informazioni. Spero che questo episodio abbia insegnato a molti ad evitare di fomentare facili accuse, ed a cercare prima di tutto di controllare le proprie argomentazioni prima di attaccare il lavoro altrui.
Voglio rimarcare il contrasto tra la facilità (anzi, faciloneria) con cui sono state sollevate le accuse rivolte verso Davide e l'enorme mole di lavoro che Davide ha portato come prova dell'infondatezza di tali accuse. La sproporzione che emerge è – almeno per me – molto preoccupante. Non sempre, online, si sottolinea abbastanza questa differenza tra chiacchiere virtuali e fatti reali, e tutto viene appiattito e livellato come se avesse pari merito e valore.

Ho letto una serie di post in vari blog, aventi come oggetto una presunta incongruenza tra le misure delle ossa del nuovo Spinosaurus, riportate da Ibrahim et al. (2014), e la ricostruzione scheletrica digitale illustrata dagli stessi autori. In molti hanno preso questa presunta discrepanza come pretesto per articolare una più o meno coerente retorica contro lo studio di Ibrahim et al. (2014). Eppure, ad essere chiari, tale “argomentazione” si basava esclusivamente su un paio di misurazioni prese con Photoshop (o programmi analoghi) sulle immagini a bassa risoluzione dello scheletro ricostruito e pubblicato da Ibrahim et al. (2014). Anche in questo caso, è notevole la sproporzione tra i due fronti della “controversia”: da un lato abbiamo cinque anni di lavoro paleontologico operato da paleontologi e illustratori scientifici sugli esemplari reali (preparazione delle ossa, analisi, misurazione, scansione digitale ed assemblaggio tridimensionale), lavoro sottomesso e revisionato su una delle più importanti riviste scientifiche mondiali; dall'altro lato abbiamo un paio di misure virtuali prese con Photoshop su un'immagine bidimensionale.
Simone Maganuco, che è un paleontologo molto rigoroso, quasi maniacale sul piano metodologico delle sue ricerche, nonché supervisore scientifico per tutte le ricostruzioni a grandezza naturali realizzate da Geomodel – oltre che un caro amico che conosco da 17 anni – ha risposto a queste accuse mostrando nei fatti, senza troppi giri di parole, come quelle “incongruenze” siano solamente l'effetto di una banale deformazione prospettica che affligge il femore nell'immagine bidimensionale. [Avevo il sospetto che buona parte della “polemica” avesse quella causa, dato che in varie occasioni ho riflettuto (e scritto post) sul rischio derivante dal “prendere alla lettera” le ricostruzioni scheletriche come se fossero “dati scientifici” invece che rappresentazioni iconografiche di ipotesi scientifiche espresse innanzitutto con parole e numeri].
Siccome la ricostruzione illustrata di Spinosaurus deriva da un oggetto virtuale tridimensionale, è inevitabile che una volta proiettata in un piano bidimensionale produca delle distorsioni, per mera parallasse: anche uno scheletro ha pur sempre un volume, e qualunque volume proiettato su un piano genera delle deformazioni. E dato che il femore di un tetanuro basale in protrazione (come mostrato nella ricostruzione) è un oggetto complesso con vari gradi di torsione, inclinato su tutti e tre gli assi dello spazio rispetto all'asse parasagittale del corpo (quello posto perpendicolarmente al punto di osservazione dell'immagine), appare evidente che sia impossibile che la sua misura lineare presa sull'immagine pubblicata rispetti fedelmente i rapporti lineari misurati sulle ossa reali! Se chi solleva certe critiche staccasse gli occhi da Photoshop e dalle ricostruzioni bidimensionali disegnate su un piano virtuale, e tornasse a pensare agli scheletri di dinosauro come ad oggetti tridimensionali reali, forse tutta questa inutile polemica non sarebbe mai nata.
Anche in questo caso, voglio rimarcare il contrasto tra la facilità delle accuse rivolte verso Simone e i suoi coautori e l'enorme mole di lavoro che Simone ha portato come prova dell'infondatezza di tali accuse.

Ognuno rifletta su questi episodi e ne tragga la morale che preferisce.
Lo scetticismo e la critica costruttiva sono la linfa vitale della ricerca scientifica. Ben venga una sana dose di scetticismo, e la richiesta di informazioni e chiarimenti. Io l'ho fatto, ma nel modo più corretto: ho contattato gli autori. Mi direte che ho avuto il vantaggio di conoscerli di persona, ma questa obiezione sarebbe pretestuosa, perché se gli autori non rispondessero, allora sarebbe davvero lecito sollevare la polemica online! Anche scetticismo e critica devono rispettare le regole della Scienza: metodo rigoroso, utilizzo dei fatti, robustezza delle argomentazioni, confronto onesto tra pari.
Purtroppo, fa più rumore una polemica che cade piuttosto che una ricerca scientifica che cresce.
Per questo, io chiudo la polemica qui. E spero che molti seguano questo suggerimento e tornino a sviluppare una sana dialettica scientifica fondata sui fatti reali e non sulle chiacchiere virtuali.

Ed ora, torno alla paleobiologia di Spinosaurus, che è ben più complessa e laboriosa, affascinante ed interessante del fotoritocco di una ricostruzione scheletrica.

21 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Episodio V: Sigilmassasaurus vs Spinosaurus: una battaglia tafonomica

[Nota: Questo post era in programma prossimamente, ma un recente commento di Mickey Mortimer mi ha indotto a pubblicarlo ora.]


Perché Sigilmassasaurus è stato per quasi venti anni un dinosauro così enigmatico, e solo di recente riconosciuto in modo inequivocabile come essere un sinonimo di Spinosaurus? L'enigma di Sigilmassasaurus deriva dalla bizzarra preservazione di tutti i resti a lui riferiti: solo ed esclusivamente vertebre presacrali anteriori isolate. In particolare, la maggioranza dei resti di Sigilmassasaurus ritrovata è formata solamente da vertebre cervicodorsali (le ultime 2-3 cervicali e le 2 prime dorsali). Praticamente, niente altro. Pareva quasi che quel dinosauro fosse fatto esclusivamente da quelle vertebre!
La spiegazione di questa anomalia, ovviamente, non è biologica, bensì tafonomica: qualche processo tafonomico faceva sì che le vertebre cervicodorsali di questo dinosauro si preservassero, mentre il resto dello scheletro andava perduto. Tuttavia, tale spiegazione è parziale, ed è il motivo per cui la maggioranza dei paleontologi sospettava che Sigilmassasaurus fosse la parte di un altro dinosauro già noto. E fu proprio partendo da questa ipotesi che, osservando l'olotipo di Spinosaurus, conclusi che i due taxa fossero lo stesso animale, e che, pertanto, Sigilmassasaurus ci aiuti a completare lo scheletro di Spinosaurus. Difatti, come ho scritto in passato, l'assenza di cervicodorsali nell'olotipo di Spinosaurus trovato da Stromer pareva una versione “in negativo” di Sigilmassasaurus. Ed, analogamente, l'assenza di cervicodorsali di Spinosaurus persino nel record fossile marocchino faceva sospettare che, in realtà, quelle vertebre fossero già presenti, e che le avessimo sotto il naso... solo che le chiamavamo con un altro nome: Sigilmassasaurus.
Per chiarire il senso del mio argomento, se allineiamo lungo la serie anatomica le vertebre dell'olotipo di Stromer, quelle pubblicate da Russell e riferite a Spinosaurus maroccanus, e quelle attribuite (anche solo ipoteticamente) a Sigilmassasaurus, ecco che l'anomalia appare in tutta la sua evidenza:

Notare il gap nelle serie di Spinosaurus, colmato dalle vertebre di Sigilmassasaurus. La numerazione delle dorsali medio-posteriori è omessa in quanto ambigua.


Spinosaurus tende ad essere noto per cervicali anteriori e per dorsali intermedie e posteriori, ma mai per vertebre intermedie: esiste un gap cervicodorsale. I resti isolati riferiti a Sigilmassasaurus invece tendono proprio a collocarsi nella parte di vertebre intermedie, il fantomatico “gap” nella serie di Spinosaurus. Appare ovvio che i due animali siano solamente parti distinte della medesima serie di vertebre! Difatti, se uniamo le varie serie, la serie presacrale è quasi completa.
A questo proposito, per rispondere al commento di Mickey, la mia ipotesi è lievemente differente da quella di Ibrahim et al. (2014) e tende a collocare le dorsali con spine neurali allungate leggermente più posteriormente lungo la serie rispetto alla ricostruzione di Ibrahim et al. (2014): questo permette di includere anche le “dorsali intermedie” di Sigilmassasaurus ipotizzare da Russell (1996). Notare che questa versione sposta leggermente in direzione posteriore la serie di spine dorsali, e quindi aiuta ad arretrare il baricentro, dando ulteriore supporto all'idea che non occorra una postura quadrupede per Spinosaurus.

Ma perché le vertebre cervicodorsali (quelle ritenute essere un altro taxon, ovvero “Sigilmassasaurus”) tendono ad essere rinvenute isolatamente? Credo che una spiegazione tafonomica, in parte derivante dal mio modello del “legamentonucale” possa risolvere l'enigma.
Immaginiamo una carcassa di Spinosaurus, adagiata su un fianco ed esposta al sole. La disidratazione del legamento nucale porterebbe ad una estensione estrema del collo in direzione posteriore, verso le spine dorsali. Tale contrazione estrema dislocherebbe la testa addossandola contro le spine neurali. Inoltre, la tensione generata dai legamenti in disidratazione sulle vertebre del collo sarebbe massima proprio nella zona cervicodorsale, che, pertanto, tenderebbe a disarticolarsi ben prima del resto delle ossa. Ciò aumenterebbe la probabilità di dispersione delle cervicodorsali rispetto al resto dello scheletro. 

Carcassa di Spinosaurus vista dall'alto. I rettangoli indicano le parti preservate in vari esemplari o in "Sigilmassasaurus".


Inoltre, questo modello tafonomico spiega come mai l'olotipo di Stromer includa ossa della mandibola, due cervicali anteriori e le dorsali medio-posteriori, ma sia privo della parte intermedia della serie presacrale: la carcassa probabilmente aveva raggiunto la fase estrema di disseccamento per cui la testa si disarticolava a ridosso delle spine neurali dorsali mentre le cervicodorsali si erano già separate e disperse.

20 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Episodio IV: Una soluzione a tutti gli enigmi?


In questi giorni, la paleo-rete è nel pieno di una vera e propria battaglia, combattuta tra vari fronti. C'è la piccola fronda rivoluzionaria (quella, appunto, della Spinosaurus Revolution) e la più ampia ed eterogenea contro-rivoluzione, che, in vari modi, si oppone a parte della rivoluzionaria – se non eretica – interpretazione di Spinosaurus.
Io però eviterò di schierarmi. Dopo aver riflettuto sui pro ed i contro di ambo gli schieramenti, non mi interessa molto questionare sul come e quanto la ricostruzione scheletrica proposta da Ibrahim et al. (2014) sia corretta, ripetibile e testabile: non tanto perché la questione sia o meno importante (ritengo che sia importante), ma per la semplice ragione che già molti ne stanno parlando, ed il mio contributo a quel fronte della discussione sarebbe poco interessante. E chi legge questo blog lo fa, spesso, perché sa (e spera) di trovare un punto di vista originale, che possa arricchire.

Sono stato a Milano, alla presentazione della ricerca. Ho avuto l'opportunità di parlare direttamente con i protagonisti dello studio. Ho posto a Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso le domande che più mi premeva sentire rispondere: in particolare, sull'associazione dei resti, il grado di preservazione del fossile, la presenza o meno di elementi ossei chiave per interpretare alcuni aspetti enigmatici di Spinosaurus. Sappiate che un'ampia monografia sull'esemplare ed i vari resti di Spinosaurus è in preparazione. Ciò non esonera gli autori della pubblicazione su Science dal fornire risposte su aspetti problematici del loro studio. Al tempo stesso, ritengo che sia prematuro affrontare alcuni problemi emersi, basandosi esclusivamente su quanto è stato pubblicato. Inoltre, non penso di avere il diritto di criticare dei colleghi sul modo con cui hanno pubblicato una loro ricerca, né di biasimare chi vorrebbe risposte agli enigmi sollevati, alle posizioni più radicali.
Come mio solito, userò ciò che ho, piuttosto che lamentarmi di ciò che non ho.

In questo post, voglio esporre la mia interpretazione della faccenda, alla luce di quanto è stato pubblicato. In particolare, mostrerò come sia possibile ricostruire una postura di Spinosaurus che non richieda un'andatura quadrupede (al netto di una simulazione informatica per testare tale ipotesi) e che tale postura non solo è perfettamente coerente con quanto conosciamo di Spinosaurus, ma che, interpretata in un'ottica evoluzionistica, produce necessariamente alcune delle bizzarre caratteristiche di questo dinosauro. Paradossalmente, questo tentativo di “far funzionare il tutto” potrebbe di fatto “spiegare il tutto”.
Partirò constatando una anomalia iconografica nelle ricostruzioni di Spinosaurus passate e presenti (inclusa quella proposta da Ibrahim et al. 2014): quasi sempre, Spinosaurus viene ricostruito con una postura della testa “da theropode classico” come se fosse privo di spine neurali allungare. Tutti (o quasi) mostrano Spinosaurus con un collo suborizzontale, da cui parte una testa proiettata in avanti.
Ciò è a mio avviso paradossale, se osserviamo gli animali terrestri attuali. In generale, animali con teste allungate (e che non strisciano) tendono ad avere una postura della testa inclinata anteroventralmente, non orizzontale. Gli uccelli con becchi allungati tendono ad assumere una postura inclinata, così come i mammiferi con teste voluminose tendono a tenere i crani inclinati, non orizzontali. In particolare, i mammiferi con teste voluminose presentano spine neurali del torace allungate, su cui è ancorato un legamento nucale che permette di mantenere la testa sospesa passivamente, ovvero senza sforzo muscolare. Spinosaurus aveva una postura del cranio inclinata? Come ho mostrato in alcuni post del passato, le caratteristiche del cranio degli spinosauridi (in particolare, l'angolo acuto del lacrimale, l'espansione ventrale del basisfenoide) suggeriscono un cranio inclinato anteroventralmente. Ma quale era la postura del collo sul quale era attaccata questa testa “inclinata”? Forse, la risposta la abbiamo rileggendo Russell (1996), lo studio che istituì Sigilmassasaurus a partire da alcune cervicodorsali isolate di Spinosaurus.
Russell (1996) ipotizzò che Sigilmassasaurus fosse un bizzarro dinosauro con un collo “ad U”, ovvero, con una marcata flessione alla base del collo, che risultava quindi proiettato in modo sub-perpendicolare all'asse della colonna dorsale. L'ipotesi si basava sulla forma molto peculiare delle vertebre cervicodorsali: corte, con ampia faccetta articolare, convessa anteriormente ed espansa trasversalmente, che suggerisce una marcata mobilità, associata ad una spina neurale molto ridotta, ed una carena ventrale molto sviluppata, inserzione di potenti muscoli flessori. 

Ora sappiamo che quelle vertebre appartengono a Spinosaurus, ma cosa dire dell'interpretazione di Russell (1996)? Può essere valida? Se applicata a Spinosaurus, produce un collo che, rispetto alla colonna dorsale, è subverticale. Tale subverticalità è inoltre accentuata dal fatto che le vertebre del collo negli spinosauridi producono una ridotta sigmoidalità. Notare che le ridotte spine neurali nelle vertebre cervicodorsali “permettono” di estendere il collo senza che ci sia contatto tra le spine cervicali e cervicodorsali, né tra queste ultime e le alte spine delle vertebre successive.
Notare che tale postura è praticamente assente dall'iconografia di Spinosaurus. Ma se fosse corretta (o, perlomeno, possibile), cosa comporterebbe? Inoltre, come si combina questa postura della base del collo con la forma peculiare del basicranio degli spinosauridi?
In breve, combinando l'ipotesi del collo di Sigilmassasaurus a Spinosaurus, ed inserendo alla base di questo collo la testa “inclinata” deducibile dalle caratteristiche del cranio, risulta una postura “da pellicano” per questo theropode.
La ricostruzione di Spinosaurus da Ibrahim et al. (2014: rosso) modificata per assumere la postura cervicodorsale di Russell (1996: giallo).

Quale può essere il significato di una simile postura? Un effetto di questa postura è che, rispetto a quella “suborizzontale” (seguita da molte ricostruzioni), il baricentro di Spinosaurus risulterebbe ben più spostato posteriormente. Questo risultato è molto interessante, perché potrebbe implicare che, nonostante le dorsali allungate e le gambe ridotte, il baricentro di Spinosaurus non fosse molto “anomalo”. Ciò è fondamentale nel risolvere l'accesa discussione che verte attorno al nuovo studio, dato che Ibrahim et al. (2014) propongono invece che, in base al loro modello, il baricentro di Spinosaurus fosse così anteriore da imporre una postura quadrupede. [Dato che non ho i mezzi informatici per testare la posizione del baricentro in una ricostruzione (inclusa quella che propongo qui), la questione del baricentro resta in sospeso. Nondimeno, indipendentemente dalla bipedia o quadrupedia, è molto probabile che una postura “da pellicano” possa compensare (anche solo in parte) un potenziale sbilanciamento anteriore del centro di massa, e quindi dovrebbe essere presa in considerazione da chiunque voglia quantificare il baricentro di Spinosaurus].

Tornando alla postura “da pellicano”, affinché essa sia efficace in un animale come Spinosaurus, molto più grande di qualsiasi pellicano, con un cranio lungo un metro e mezzo e relativamente compatto nella parte anteriore, occorre che la testa sia tenuta in sospensione passiva tramite un qualche sistema di legamenti nucali ben sviluppati. Tale legamento, inevitabilmente, deve ancorarsi alle spine neurali dorsali, in analogia con quello che osserviamo oggi con i grandi mammiferi dotati di crani voluminosi.
Un sistema di legamenti passivi è tanto più utile tanto meno lavoro muscolare richiede. Ad esempio, un legamento elastico che controbilanci la forza di gravità genera automaticamente un sistema stabile che non richiede sforzo muscolare. Tale strategia sarebbe molto vantaggiosa per un animale come Spinosaurus, date le dimensioni del suo cranio. Come combinare questa interpretazione con la postura del collo ipotizzata da Russell? Un legamento passivo per mantenere eretto il collo (quindi, vincere la forza di gravità) probabilmente richiede un ancoraggio posteriore relativamente elevato sulla regione dorsale, per poter sfruttare in qualche modo la risultante legata alla forza di gravità. Osserviamo questo adattamento nei mammiferi brucatori, nei quali la testa tende ad essere collocata ventralmente al torace, e questo ultimo porta delle spine neurali relativamente allungate. Tornando al nostro theropode, come possiamo ancorare un legamento elastico ad una testa che a sua volta è sospesa su un collo verticale? Potremmo farlo sollevando l'ancoraggio dei legamenti fino al livello della testa. Ovvero, potremmo sviluppare delle spine neurali molto alte, alte almeno quanto la posizione della testa.
Ed è proprio ciò che osserviamo in Spinosaurus quando articoliamo il collo con la postura di Russell!
La sommatoria delle forze elastiche del legamento nucale ancorato a spine molto alte mantiene il collo eretto.

Pertanto, le spine neurali ipertrofiche di Spinosaurus potrebbero essere un sistema per ancorare in alto un legamento nucale passivo che permetta di mantenere il collo verticale senza bisogno di sforzo muscolare. A sua volta, questa postura del collo (e della testa) arretra il baricentro, così da compensare l'allungamento delle vertebre dorsali, e potrebbe quindi risolvere (o perlomeno alleviare) il paradosso dato dallo sbilanciamento anteriore del centro di massa.
Il sistema qui illustrato funziona, ma ad una condizione: quando l'animale vuole abbassare la testa (per nutrirsi) occorre che un sistema muscolare attivo contrasti l'azione del legamento passivo. E questo sistema muscolare è dato dai muscoli ipoassiali del collo, che dal basicranio arrivano alla regione pettorale, muscoli che, proprio negli spinosauridi, sappiamo erano molto sviluppati, come dimostra l'espansione ventrale del basisfenoide (visibili in Baryonyx e Irritator) e le carene ventrali ipertrofiche che osserviamo nelle vertebre del tipo “Sigilmassasaurus”.

Pertanto, questa ipotesi posturale spiega le bizzarre caratteristiche del muso e del basicranio degli spinosauridi (collegate ad una postura “da pellicano”), spiega l'evoluzione delle spine neurali ipetrofiche di Spinosaurus (collegate allo sviluppo di un legamento passivo che sospenda la testa su un collo eretto), spiega la forma e funzione delle bizzarre cervicali di “Sigilmassasaurus” (permettono la postura “ad U” del collo), spiega perché le cervicodorsali spinosauridi abbiano carene ipertrofiche (inseriscono potenti muscoli flessori del collo che agiscono agonisticamente al legamento nucale in un animale specializzato a pescare). Non vi basta? Inoltre, questa postura, arretrando il baricentro, permetterebbe una andatura bipede anche in un animale con dorsali allungate e arti accorciati (quindi sarebbe l'ideale in un animale con lo scheletro di “Spinosaurus C”).
In breve, questa singola ipotesi spiega molto bene l'intera anatomia aberrante di Spinosaurus, in particolare, fornisce un motivo evoluzionistico (adattativo e funzionale) per l'evoluzione delle spine neurali ipertrofiche proprio in questo theropode: il progressivo allungamento del muso e del torace rispetto alle zampe posteriori (adattamenti ad una vita semi-acquatica e piscivora) avrebbe favorito una postura sempre più “da pellicano”, la quale avrebbe favorito (in termini di selezione naturale) l'allungamento delle spine neurali come sede del legamento nucale.

Voilà, tutti gli enigmi di Spinosaurus risolti con un solo meccanismo!
E poi non dite che non vi voglio bene.


Le idee qui proposte sono solamente un'ipotesi, basata su ciò che attualmente è pubblicato e disponibile dalla letteratura: eventuali correzioni e stroncature sono benvenute. Ringrazio Simone Maganuco, Marco Auditore e Cristiano Dal Sasso, con i quali ho parlato di alcuni aspetti di Spinosaurus che hanno fornito alcuni spunti utili per questa riflessione.

15 settembre 2014

Spinosaurus Revolution: Episodio III - Spinosaurus sbarca in Italia!

Intermezzo pubblicitario nella serie sulle nuove scoperte relative a Spinosaurus.

Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso, con i resti di "Spinosaurus C". (c) Museo di Storia Naturale di Milano


Vi segnalo che giovedì prossimo (18 settembre) alle ore 10.30, presso l'Aula Magna del Museo di Storia Naturale di Milano avverrà la presentazione dello studio.
Io sarò presente, e non mancherò di riportarvi tutti i dettagli: prossimamente su questo blog.

13 settembre 2014

Spinosaurus Revolution, Episodio II: Ode a “Spinosaurus C”, e sulla gioia di completare il puzzle

E ricordati:“Spinosaurus C”, per il suo bene, non esiste.
Simone Maganuco, 31 Maggio 2009

L'hai fatto, brutto figlio di...
Ian Malcolm

La pazienza è la virtù dei forti.
In questi giorni, la paleo-rete è invasa da immagini, filmati e, sopratutto, discussioni relative alla pubblicazione di nuovi resti riferiti a Spinosaurus, ed alle implicazioni di tale scoperta (Ibrahim et al. 2014). Critiche alle implicazioni dello studio sono già state sollevate da Hartman, Headden e Mortimer. Io seguirò un percorso più lungo ed articolato. Il mio obiettivo è quello di fornire al lettore, sì, proprio a te che stai leggendo, l'intera storia di questo studio, da un punto di vista privilegiato di chi ha potuto seguire l'iter di questa ricerca a stretto contatto con alcuni dei protagonisti principali. In alcuni momenti sarò emotivo e auto-referente... abbiate pazienza, siate forti. Come compensazione, avrete informazioni che, altrove, difficilmente potrete reperire.
Come tutti, anche io ho alcune domande molto critiche da porre agli autori dello studio, e prossimamente avrò modo di porle direttamente di persona. Ma adesso, penso che sia molto più utile fornire informazioni sui fatti, non opinioni sulle interpretazioni. Vorrei che ognuno di voi fosse in grado di apprezzare tutto il lavoro svolto, e solo dopo aver ponderato tutti i fatti, possa giungere ad una interpretazione, che spero sia ponderata.
In questo post, parlerò del protagonista principale dello studio di Ibrahim et al. (2014), un esemplare scoperto di recente, battezzato da Simone Maganuco con il nome di “Spinosaurus C”. Se conoscete la storia passata dei fossili di spinosauro, avrete sicuramente colto l'allusione nel nome, il riferimento al secondo esemplare di Spinosaurus, misterioso ed enigmatico persino più dell'olotipo, e descritto da Stromer nel 1934, da lui battezzato “Spinosaurus B”.



All'inizio del 2009, Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco ricevettero la richiesta, da parte di un geologo italiano, di visionare i resti di un dinosauro rinvenuto l'anno precedente nel sud-est del Marocco. I resti includevano acune vertebre dorsali marcatamente opistoceliche, compresse trasversalmente, e comprendenti delle spine neurali molto allungate aventi un'espansione alla base: nei minimi dettagli molto simili alle vertebre dorsali di Spinosaurus, ormai perdute dopo il bombardamento di Monaco del 1944! Il materiale, quindi, era evidentemente riferibile a Spinosaurus: i primi resti postcraniali dopo oltre mezzo secolo! (Ringrazio Cristiano e Simone che, nel 2009, mi hanno permesso di vedere quel materiale direttamente, quando questo fu trasportato a Milano).



Nel frattempo, altro materiale appartenente a questo esemplare, era stato estratto in Marocco, comprendente molti resti appendicolari articolati: ciò faceva sperare che fossero presenti ulteriori elementi di quello che, ormai, appariva come il più completo scheletro di Spinosaurus rinvenuto fino ad allora.
Nel settembre 2009, durante il convegno SVP a Bristol, Cristiano e Simone incontrano Nizar Ibrahim, che stava svolgendo un'ampia revisione dei theropodi rinvenuti nel Kem Kem marocchino. I tre concordarono di formare un team internazionale che raccogliesse tutte le informazioni sull'esemplare e risalisse al sito esatto in cui il fossile era stato rinvenuto, con la speranza di rinvenire resti ulteriori. Tale sito fu poi identificato, ed un nuovo scavo nel 2013 ha permesso di raccogliere altri resti, oltre a dare, per la prima volta, una collocazione stratigrafica precisa all'interno del “Kem Kem”.
L'esemplare, che entro la fine del 2014 troverà la sua giusta collocazione all'Université Hassan II di Casablanca, in Marocco, con la sigla FSAC-KK 11888, include resti del cranio (frammenti di nasale, prefrontale, squamoso, quadratojugale, quadrato, parti del dentale, ed alcuni denti isolati), frammenti di vertebre cervicali, alcune dorsali, sacrali e caudali, una falange della mano, il cinto pelvico quasi completo, e buona parte dell'arto posteriore.
Sebbene una dettagliata monografia che descriva “Spinosaurus C” sia attualmente in preparazione (Maganuco, pers. com) e quindi per ora non sia possibile approfondire molte domande, dalle informazioni pubblicate da Ibrahim et al. (2014) è possibile già ora fare alcune comparazioni con i differenti theropodi rinvenuti nel Cenomaniano del Nord Africa.



La prima impressione che salta immediatamente all'occhio osservando l'esemplare nel suo insieme, è che sia “spoporzionato”, con una regione pelvico-appendicolare ridotta rispetto alle dimensioni delle vertebre.
Ad esempio, confrontiamo “Spinosaurus C” e Ichthyovenator, attualmente il taxon migliore a disposizione per questa comparazione.



Le vertebre di “Spinosaurus C” sono circa 130-160% le dimensioni delle vertebre di Ichthyovenator. Anche se queste differenze sono in parte influenzate dalla non-omologa posizione tra le vertebre comparate, la terza sacrale di “Spinosaurus C” è comunque lunga 160% della terza sacrale di Ichthyovenator (questa è comunque incompleta e la misura è approssimata). In ogni caso, aldilà della misura precisa di tale differenza, è chiaro che le vertebre di “Spinosaurus C” sono più lunghe delle vertebre dell'olotipo di Ichthyovenator. Tuttavia, i due ischii sono di lunghezza comparabile (L'esemplare marocchino è lungo 105% di Ichthyovenator). Inoltre, l'ileo di “Spinosaurus C” è solamente il 77% dell'altro (assumo che l'ileo sia completo, come affermato da Ibrahim et al. 2014).
A questo punto, sono plausibili due interpretazioni alternative:

  1. Spinosaurus C” è una chimera (assemblaggio casuale e naturale di ossa da animali differenti), comprendente vertebre di un individuo di grandi dimensioni associate al cinto pelvico e agli arti posteriori di un esemplare più piccolo.

    oppure
  2. Spinosaurus C” ha una morfologia unica, con cinto ed arti posteriori in proporzione ridotti rispetto alla maggioranza degli altri theropodi.

Apparentemente, il buon senso porterebbe a seguire l'opzione (1), tuttavia, le ossa di “Spinosaurus C” sono state estratte da un medesimo sito e non ci sono ossa “duplicate” che potrebbero indicare due animali: nulla contraddice l'ipotesi che apparengano al medesimo individuo.
Inoltre, è sconcertante che l'interpretazione (1) sia esattamente la “versione ufficiale” con cui, per più di 70 anni, è stato interpretato ANCHE “Spinosaurus B”! Ovvero, anche quell'esemplare fu interpretato una chimera, una chimera “composta” esattamente nel medesimo modo, dato che includeva vertebre apparentemente ben più grandi rispetto alle ossa degli arti.
Ricapitolando: non vi pare sospetto che i due unici esemplari conosciuti di Spinosaurus dopo l'olotipo, e che includono sia vertebre che arti posteriori risultino entrambi delle chimere formate da vertebre di animali di grandi dimensioni assieme a arti posteriori di animali più piccoli? Questa “coincidenza” è troppo sospetta per essere prodotto del caso.
A confermare il sospetto, se confrontiamo tra loro le ossa presenti sia in “Spinosaurus B” e “Spinosaurus C” (tibia e dorsali intermedie), risulta che il rapporto dorsale/tibia sia 23% nel primo esemplare e 25% nel secondo esemplare (negli altri theropodi, quel valore è molto più basso): praticamente, è lo stesso valore!

Non può essere una fottuta coincidenza!

Quando realizzai questo risultato, nel mio cervello avvenne quella meravigliosa sensazione, puramente intellettiva, che deriva dalla connessione tra pezzi di un puzzle logico rimasto in sospeso per tanti anni (e che esprimiamo con imprecazioni gioiose e saltelli incolsulti):

Spinosaurus B non è una fottuta chimera!

Già da qualche anno avevo il sospetto che Sigilmassasaurus fosse sinonimo uno spinosauride, ed infatti avevo mostrato come quelle vertebre “misteriose” fossero molto simili a quelle di Baryonyx. Come ricorderete, il misterioso Sigilmassasaurus era basato (anche) sulla “parte vertebrale” di Spinosaurus B, mentre le altre ossa (gli arti di Spinosaurus B) erano stati collocati alternativamente in vari cladi, ma senza trovare una posizione sicura. Ora, “Spinosaurus C” dimostrava che “Spinosaurus B” non era una chimera! Ma se Spinosaurus C ha vertebre di Spinosaurus, e Spinosaurus B era Sigilmassasaurus, allora Spinosaurus e Sigilmassasaurus sono lo stesso taxon! Due enormi tasselli del complicato puzzle dei theropodi dal Cenomaniano africano si erano saldati, e questa saldatura trascinava con se, a valanga, tutta una serie di conseguenze. Ed io ero felice come quando, da bambino, mi regalavano il LEGO.

Ma Spinosaurus C ha anche altre curiose caratteristiche, ed anche queste trascineranno a sé una valanga di conseguenze.

Di tutto questo, parlerò nel prossimo post


Bibliografia:
Ibrahim, N., Sereno, P. C., Dal Sasso, C., Maganuco, S., Fabbri, M., Martill, D. M., Zouhri, S., Myhrvold, N. & Iurino, D. A, 2014. Semiaquatic adaptations in a giant predatory dinosaur. Science (Science Express, early online, 10.1126/science.1258750)

11 settembre 2014

Spinosaurus Revolution: Prologo Epico

(c)Marco Auditore

Finalmente, dopo molti anni in cui ho fatto voto di segretezza, posso finalmente parlare di una scoperta paleontologica eccezionale, che ho avuto il privilegio di poter conoscere in anteprima, assoluta, dato che uno dei suoi protagonisti è uno dei miei più cari amici. L'emozione scientifica si unisce quindi anche a quella personale, per vedere finalmente questo progetto coronare col successo.
Questa storia ruota attorno ad un fossile (ma non si esaurisce in lui), che forma la parte più corposa di un ampio progetto scientifico internazionale, che ha coinvolto Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso (del Museo di Storia Naturale di Milano), Nizar Ibrahim e Paul Sereno (Università di Chicago), Matteo Fabbri (col quale ho studiato Sauroniops, ed attualmente all'Università di Bristol), Samir Zhouri (Università Hassam II di Casablanca), Dawid Iurino (Università la Sapienza di Roma), David Martill (Università di Portsmouth) e Nathan Myhrvold, (Intellectual Ventures). Un contributo essenziale è stato dato, sul lato iconografico, da Marco Auditore, Davide Bonadonna e Fabio Manucci.
Lo studio, pubblicato oggi su Science (Ibrahim et al. 2014) propone una teoria sintetica sulla paleobiologia di Spinosaurus, che integra la scoperta di dati originari di Stromer ritenuti perduti dal 1944, il famoso rostro milanese MSNM V4047, oltre ad un nuovo esemplare che include, per la prima volta, resti appendicolari.
Le implicazioni di questo nuovo studio sull'evoluzione, morfologica ed ecologia di Spinosaurus notevoli, e susciteranno sicuramente ampio dibattito. Io stesso attendo di visionare tutti i dati in questione prima di esprimermi in proposito.
Ibrahim et al. (2014) propongono che la combinazione unica ed estremamente bizzarra di Spinosaurus sia interpretabile come il prodotto di un adattamento unico tra i theropodi non-aviali: una ecologia semiacquatica ben più spinta di quelle ipotizzate finora, e ben più marcata di quella ipotizzata per altri theropodi.
Nei prossimi post, parlerò nel dettaglio di questo studio, e ne discuterò gli aspetti principali.
In questo primo post, senza togliere meriti a tutti coloro coinvolti, voglio sopratutto rendere il giusto merito Simone Maganuco e Nizar Ibrahim, principali artefici di questo progetto. Il loro impegno e dedizione in questi anni di sviluppo del progetto ha salvato un fossile straordinario dall'oblio, ed ha ridato onore al lavoro di Stromer, a quasi 100 anni dalla scoperta del primo Spinosaurus.
Da domani mi dedicherò in modo dettagliato a vagliare questa teoria, ad analizzare i dati, ed eventualmente a sollevare critiche. La scienza è anche questo. Ma, prima di tutto, è passione e impegno, ed è l'opera di personalità eccezionali.
Nel prossimo episodio:

 SPINOZILLA? NOPE!

07 settembre 2014

Spinosaurus Week: Introduzione

Come annunciato un mese fa, la prossima settimana (per la precisione, il 12 settembre) sarà inaugurata a Washington (USA) una mostra su Spinosaurus, patrocinata dalla National Geographic Society. I dettagli di questa mostra, e i contenuti scientifici da cui è ispirata, saranno oggetto di una serie di post che pubblicherò in concomitanza con quell'evento. Come accennai un mese fa, c'è molta Italia in questo evento, dato che il gruppo di ricerca include, oltre all'americano Paul Sereno ed al tedesco-marocchino Nizar Ibrahim, gli italiani Simone Maganuco e Cristiano Dal Sasso. Inoltre, un importante contributo iconografico è stato prodotto da Marco Auditore e Davide Bonadonna. Tutti loro saranno presenti all'evento di Washington, ed alcuni di questi amici si sono prestati a svolgere un simpatico ruolo di “inviati speciali, dietro le quinte” per questo blog: pertanto, da qui avrete informazioni e curiosità inaccessibili altrove!
Restate sintonizzati, ci attende una settimana theropodologicamente intensa.

Per chi fosse interessato ad avere un'infarinatura introduttiva sullo stato attuale delle conoscenze (e mis-conoscenze) su Spinosaurus, in modo da poter apprezzare al meglio ciò che sta per arrivare, suggerisco di leggere i molti post che, in questi anni, ho dedicato a Spinosaurus. Probabilmente, alcune delle idee, ipotesi ed interpretazioni che ho sviluppato in questi anni saranno rivedute (o confermate) da ciò che sta per essere pubblicato. Intanto, ecco una carrellata dei post più significativi su Spinosaurus:

05 settembre 2014

Dreadnoughtus 3D

Un esempio delle innumerevoli applicazioni dei pdf interattivi con le scansioni 3D delle ossa fossili: le ossa articolate di Dreadnoughtus, mostrate in prospettiva e visualizzate come illustrazioni.

Vi segnalo che è possibile scaricare gratuitamente i pdf-interattivi delle ossa e dello scheletro di Dreadnoughtus. Un'occasione unica per esplorare nel dettaglio la morfologia tridimensionale di questo dinosauro. I link ai vari file sono elencati all'interno delle informazioni supplementari dell'articolo.

04 settembre 2014

Colui che non teme nulla


Chi ha seguito la mia presentazione ad un Darwin Day 2014, ricorderà che il tema del mio intervento fu il perché ci fu un tale gigantismo nei dinosauri. In quella presentazione, spiegai che il vantaggio adattativo del gigantismo è abbastanza chiaro, ma che tale vantaggio è tale solamente nell'età adulta, e che, di fatto, il gigantismo diventa “adattativo” solo perché associato a qualche mix di adattamenti che permettano la sopravivvenza allo stadio giovanile. Qualunque fossero tali adattamenti, una volta divenuti adulti i sauropodi giganti erano probabilmente inattaccabili da parte di qualunque predatore, e, di fatto, “non temevano nulla”.
Dreadnought è un termine dell'inglese antico che significa approssimativamente “colui che non teme nulla”. Il termine è noto in tutto il mondo per indicare la principale classe di nave da battaglia in attività nella prima metà del XX secolo (quelle che, in italiano, chiamiamo “corazzate”). Da oggi, questo termine, opportunamente latinizzato in Dreadnoughtus, è entrato a far parte del vocabolario paleontologico, come nome generico di un nuovo titanosauro gigante, Dreadnoughtus schrani (Lacovara et al. 2014).
Dreadnoughtus è basato su due esemplari parziali ed articolati dal Cretacico Superiore della Patagonia. Ciò che rende questo nuovo taxon meritevole di menzione è sicuramente l'ottimo grado di preservazione dei due esemplari noti (per gli standard dei grandi sauropodi, generalmente noti da poche ossa isolate), che permettono di ricostruire la maggior parte dell'anatomia della regione post-cervicale. Basandosi su altri titanosauridi per stimare le dimensioni del cranio e del collo (noto solamente per due vertebre, ma che date le proporzioni indicano un collo affusolato) e completare lo scheletro, Dreadnoughtus è lungo circa 26 metri e con una massa di quasi 60 tonnellate. Aspetto interessante, l'analisi istologica delle ossa indica che nessuno dei due esemplari noti fosse senescente (ovvero, nella fase di quasi completo arresto della crescita, tipico degli esemplari più maturi) al momento della morte, quindi è presumibile che queste non fossero le dimensioni massime raggiungibili da questo dinosauro.

PS: prima che qualcuno lo chieda, questo non è il titanosauro gigante argentino di cui si è parlato qualche mese fa.

Bibliografia:
Lacovara, K.J. et al. 2014. A Gigantic, Exceptionally Complete Titanosaurian Sauropod Dinosaur from Southern Patagonia, Argentina. Nature Scientific Reports 4, 6196; DOI:10.1038/srep06196.

01 settembre 2014

Impara l'Inglese... con Sauroniops!

La fama sconfinata ed ampiamente meritata di Sauroniops continua a mietere vittime!
Il caso di oggi è segnalato dall'amico Davide Bonadonna: esiste un corso audio-testuale di inglese che include una lezione su Sauroniops (con tanto di menzione del vostro paleo-blogger!).
Ecco la pagina incriminata, con il testo da completare dopo aver ascoltato la audio-lezione.



Ringrazio Davide per questa incredibile segnalazione.